Taiji è…

I Dieci principi del Taiji di Yang Chen-Fu

 

UNO – Essere vuoti ed agili e mantenere l’energia nella sommità del capo

Il Campanile di S. Giorgio, una struttura leggera quasi galleggiante sull’acqua. Come tutti i campanili e le torri svetta verso l’alto, ma a differenza di questi non ci appare imponente. Il suo contorno d’acqua lo avvicina ad una canna di fiume, un pioppo, oppure ad un faro. Nelle mattine di tarda primavera può capitare di vederne emergere solo la cima con l’angelo forte, dalle grandi ali mobili, se un’improvvisa nebbia si avvicina a coprirne la struttura. Sotto le costruzioni di Venezia, m’immagino il denso bosco di palafitte immerse nel fango, rigidità e morbidezza a sostenere grossi pesi.
Mentre nella forma giriamo e cambiamo il peso del corpo, quasi fossimo sostenuti da palafitte, manteniamo l’asse del corpo in posizione perfettamente dritta ma non rigida, come una canna vuota all’interno. L’energia si concentrerà sulla sommità del capo, vigile e generosa come la lanterna di un faro, attenta ai cambiamenti ma composta come l’angelo di S. Giorgio, capace di rispondere immediatamente alle proposte o agli attacchi del vento e a girare le sue ali.

DUE – Tenere dentro il petto e tendere la schiena

Un vogatore fa avanzare la sua barca vogando “alla valesana” nella laguna nord di Venezia.
Nei trattati si legge che raccogliere l’energia è come tendere un arco, rilasciarla come lanciare una freccia. L’immagine della voga alla valesana si avvicina ai movimenti del Tai Chi nell’esecuzione della forma, per la ripetizione e la circolarità che vengono riproposte ad ogni remata. Anziani vogatori quasi passeggiano per lunghi chilometri in laguna muovendo la barca senza sforzo. La schiena si arcua e il petto s’incava per accogliere le estremità dei remi quando vengono raccolti fuori dell’acqua nell’inspirazione; espirando le braccia s’incrociano mantenendosi ampie, spinte da un movimento che protende il corpo e nasce dalle gambe. L’energia diventa visibile nel movimento della barca sull’acqua, come fosse il ripetuto scoccare di una freccia.

TRE – Rilassare la vita

Fasci di “paline” segnalano i canali nella laguna, alle bricole si ormeggiano le barche. Sono lunghi tronchi d’acacia, piantati nel fango e immersi nell’acqua soggetta alle maree. La marea col tempo le erode, lasciando spazio per la vita di alghe e animaletti sulla cintura che emerge e si sommerge. Ritorna l’immagine di mobilità e rilassatezza, riproposta anche nel riflesso mobile che raddoppia la bricola sull’acqua. Mantenere l’addome rilassato consente il fluire del respiro che può essere paragonato al pulsare della marea. Le bricole che ondeggiano e tengono, come pure gli imbarcaderi a Venezia, non appartengono né alla terra né all’acqua. Stabili ma non rigide, permettono l’approdo e la partenza delle barche adeguandosi al loro movimento. Così avviene nell’applicazione l’incontro con l’avversario, che può essere accolto se ascoltato come la marea che sopraggiunge, o come un’imbarcazione che si avvicina, con impeto o quiete, a seconda delle condizioni.

QUATTRO – Distinguere il vuoto dal pieno

La presenza dell’assenza. Untitled (Paperbacks) dell’artista Rachel Whiteread consiste in una stanza che sembra vuota, ma non lo è. Sulle pareti sono appesi degli oggetti lunghi bianchi che sembrano scaffali ma non lo sono, hanno la superficie irregolare, e sono vuoti. Libri non ce ne sono, ma ve n’è la traccia. Rachel ha fatto un calco di resina dei libri sugli scaffali, e se ne possono riconoscere le varie dimensioni. I suoi lavori si possono definire “sculture in negativo”: suggeriscono la presenza materiale di elementi che non più presenti (non a caso realizzerà a Vienna un monumento per l’Olocausto). Ha eseguito il calco di un’intera casa prima della sua demolizione. In che spazio vuoto abitiamo? Non è immediato rappresentare il vuoto, percepirne la presenza e l’essenzialità. L’arte ci riesce quando lo definisce in relazione al pieno – ai libri assenti, alle persone scomparse… Lo stesso accade nella pratica del Tai Chi quando distinguiamo consistenza e inconsistenza nel nostro corpo, nella diversa distribuzione del peso nelle gambe, e in quello dell’avversario, quando la nostra mano, il nostro fianco, tutto il nostro corpo si muovono per offrire una risposta complementare alla consistenza che si presenta nell’attacco.
Un esercizio: osservare gli oggetti che ci contengono nei loro contorni. Eseguiamone un calco immaginario. Quello sarà lo spazio vuoto disponibile al nostro uso, alla nostra espansione-consistenza. Lo spazio delle stanze che abitiamo, delle tazze da cui beviamo, lo spazio dopo ogni a capo in una poesia.

CINQUE – Abbassare le spalle e far cadere i gomiti

Madonna che dà un frutto al Bambino seduto, di Giovanni Bellini.
La mano destra è rilassata nell’offrire il frutto, mantiene il contatto con la mano del bambino mentre la mano sinistra si contrappone complementare, sostenendo la testa. Le spalle e i gomiti abbassati guidano le mani, così come lo sguardo che segue l’azione. Si può intuire una sfera tra le mani della Madonna, che contengono il bambino.
Ritroviamo lo stesso rilassamento e concentrazione nelle Maternità della storia dell’arte e nelle immagini del Cristo benedicente.
Manteniamo questa posizione nella forma, consapevoli della sua solidità esattamente perché si tratta di una posizione d’ascolto. Ci manteniamo in equilibrio senza contrarre le spalle o stringere i gomiti al corpo: non si creano linee spezzate e la pienezza del movimento ci consente di sostenere il corpo prezioso di un bambino. Con lo sguardo intento riempiamo di senso i nostri gesti, li osserviamo e li modifichiamo secondo ciò che incontrano.

SEI – Usare il pensiero (Yi) e non la forza muscolare

Non eseguiamo la forma come fosse ginnastica. Nella riabilitazione si è osservata l’inefficacia di far compiere inutili gesti ripetuti e l’importanza di offrire motivazioni al movimento, nel gioco o nel bisogno.
Nel Tai Chi si dice che è il Chi a raccogliersi per azione della mente, e che l’azione è guidata dall’intenzione. Nel 1880 Eadweard Muybridge ha analizzato il movimento dei corpi umani fotografando sequenze d’azioni ogni 1/6000 di secondo. Per il suo studio, The Human Body in Motion, non ha scelto dei ginnasti, ma ha ripreso movimenti intenzionati. I tre fotogrammi alla fine della sequenza “Girl walking towards woman, carrying flower” mostrano come naturalmente il corpo della donna si muova ad accogliere la bambina per un bacio. Le braccia si protendono, il volto e il sorriso mostrano l’intenzione. Il primo scatto potrebbe rappresentare una posizione di guardia per un attacco nel Tai Chi: andiamo incontro al nostro avversario invitandolo, non c’è forza muscolare, ma la morbidezza dell’accoglienza.

SETTE – Collegare l’alto e il basso

In ogni posizione rimaniamo consapevoli dell’unità del nostro corpo, del suo collegamento con la terra, in cui si radica e trae energia, e il cielo, che offre spazio al pensiero. Nell’alternanza di solidità e leggerezza ci manteniamo in un equilibrio dinamico che registra e compensa le variazioni dentro di noi e di noi in relazione con l’esterno e con l’altro.
Si allude al processo ascensionale dello spirito anche nelle decorazioni della scala interna della Biblioteca Marciana, a Venezia: l’uomo, condizionato dai pianeti e dagli elementi giunge, attraverso l’esercizio della virtù, alla Sapienza rappresentata da una figura femminile che tiene una mano verso il basso, poggiata su un quadrato (la Terra) e un braccio sollevato a sostenere un cerchio, il cielo (l’Eternità).

OTTO – Unire l’esterno con l’interno

Respiriamo, ci nutriamo entrando in una relazione continua con l’esterno. Accogliamo aria e nutrimento, che restituiamo al ciclo naturale della vita. Viviamo di questo scambio. Allo stesso modo l’energia che ci abita diventa visibile nelle nostre azioni. Quando s’interrompe questo colloquio diventiamo fragili, ci ammaliamo, oppure i nostri movimenti risultano inespressivi. Manteniamo questa consapevolezza della relazione dell’interno con l’esterno riempiendo i nostri movimenti dell’energia che raccogliamo nella pratica del Tai Chi. Nasce il sorriso e l’armonia che esprime un bambino, in cui questa consapevolezza è ancora connaturata.

NOVE – Legare i movimenti con continuità e senza interruzione

Nella danza i movimenti del corpo si appoggiano alle note della musica in una successione che accoglie anche le pause, nelle quali il movimento non s’interrompe, la sequenza non si spezza, ma sta in un silenzio attivo. Ricaviamo un’impressione di leggerezza, mentre la continuità dell’azione fa pensare al movimento inesorabile e pervasivo delle onde sonore che riempiono lo spazio invisibile.

DIECI – Cercare la calma nel movimento

Se appoggiamo l’orecchio sul tronco degli eucalipti possiamo ascoltare il rumore della linfa che scorre sotto la corteccia. Da bambini c’immaginiamo foreste incantate ed alberi parlanti, da grandi vediamo gli alberi mossi dal vento. Un albero apparentemente fermo si muove, ma non è nella nostra fantasia o per agenti esterni. La linfa scorre nei suoi rami, la pianta cresce, aggiunge nuovi anelli al suo tronco. Il processo dura anche centinaia d’anni. Lentissimo e inavvertibile.
Di una trottola non percepiamo il movimento vorticoso e ci appare immobile. Nella forma, muoviamoci come trottole in questo senso rovesciato, o come alberi, ascoltando il movimento dentro di noi.